MANIFESTO per la SOSTENIBILITÀ nel territorio pesarese

La rete PESARO CITTÀ SOSTENIBILE ha sintetizzato nel Manifesto per la Sostenibilità nel territorio Pesarese alcune proposte concrete che ritiene essere le più urgenti da attuarsi nell’immediato o verso le quali tendere in un futuro prossimo.

Il Manifesto non esaurisce la nostra visione di città sostenibile ma costituisce il perimetro entro cui è auspicabile che una qualsiasi Amministrazione operi al fine di poter proiettare Pesaro in un futuro nel quale la città sia in grado di proteggere l’ambiente, promuovendo, al contempo stesso, l’uguaglianza sociale e il benessere della comunità.


Indice dei contenuti


Verso un’ECONOMIA SOSTENIBILE

Il ruolo di un capoluogo di provincia nella transizione verso un’economia sostenibile è quello di:

  • Promuovere i necessari cambiamenti riguardanti il modo con cui si producono e si consumano beni e servizi, nell’ottica di ridurre il consumo delle risorse naturali e recuperare un disequilibrio ambientale che minaccia la qualità della vita, nostra e delle prossime generazioni
  • Garantire uno sviluppo armonico delle attività economiche locali che tenda ad un’economia dinamica, aperta, innovativa ed incentrata sulle persone che sappia coniugare opportunità di impiego e benessere della comunità presente e futura

In quest’ottica l’amministrazione comunale dovrebbe quindi farsi promotrice, insieme ai comuni del territorio, verso le parti sociali, le associazioni, la provincia, la regione, le scuole e l’università di un nuovo patto per un’economia sostenibile, che sia un percorso aperto e partecipato di ricognizione delle energie e delle opportunità del territorio e cerchi di identificare obiettivi condivisi per il futuro dei territori interessati selezionando le iniziative su cui puntare e avviando le necessarie progettualità.

TRADIZIONE, INNOVAZIONE E ATTIVITA’ ECONOMICHE LOCALI

Il tessuto produttivo della città ha subito un progressivo declino e l’industria del mobile ne è l’esempio più significativo. Di fronte al tentativo di resistere serve un impegno di coordinamento pubblico/privato che attivi ricerche presso le Università marchigiane e l’ISTAO per lo studio di nuovi materiali ecocompatibili da mettere a disposizione dell’imprenditoria locale: materiali che partano anche da una collaborazione con il settore agricolo che, in via sperimentale, potrebbe fornire la materia prima cogliendo tutte le opportunità occupazionali che ne possono derivare.

Il tema del risparmio energetico e della produzione di energia da fonti rinnovabili è di portata epocale e risulta importante delineare un piano a breve e medio termine che preveda:

  • Sperimentazione di comunità energetiche per la costruzione di un’autonomia energetica locale con produzione esclusivamente da fonti rinnovabili senza effetti collaterali (nessun consumo di spazio e suolo, nessun rumore, riciclabilità totale degli impianti) e con grandi opportunità di impiego nell’installazione e nella manutenzione
  • Adeguamento di tutti gli edifici pubblici e privati alla classe energetica migliore, sfruttando ogni opportunità offerta dalle politiche di incentivazione nazionali ed europee

Le piccole e medie attività commerciali vanno protette e tutelate rispetto all’avanzata dell’e-commerce e dei grandi centri commerciali per garantire la creazione di una relazione cliente-venditore orientata ad un consumo maggiormente consapevole e duraturo.

In tal senso l’amministrazione può intervenire:

  • Attraverso un progetto di logistica urbana integrata volto a rendere sostenibile il sistema di consegna e circolazione delle merci che sia in grado di favorire i piccoli commercianti al dettaglio. Il continuo via-vai dei corrieri potrebbe essere limitato imponendo, per le merci non deperibili, fasce orarie predefinite oltre le quali si dovrà fare perno su piccoli punti di raccolta e distribuzione presso esercizi commerciali di prossimità, come già sperimentato da alcuni vettori
  • Disincentivando la proliferazione dei supermercati/ ipermercati/centri commerciali, che destrutturano il tessuto economico e sociale locale rendendolo dipendente da macroinvestimenti di operatori, favorendo, al contrario, la concentrazione delle attività commerciali in specifiche zone di prossimità di quartiere. A questo proposito dovrebbero essere sperimentate aree di quartiere, anche piccole, pedonalizzate, che favoriscono la vocazioni commerciale delle attività commerciali e la socialità di vicinato

Occorre rilanciare e promuovere attività ad alto tasso occupazionale e di manodopera, e tra queste una produzione artigianale di qualità, sostenibile e innovativa per garantire nuove opportunità lavorative, anche alle nuove generazioni.

Il lavoro artigianale permette la consapevole gestione del processo produttivo da parte dell’individuo ed è inoltre la modalità attraverso la quale, all’interno delle comunità, si mantiene una capacità tecnica che permette la costruzione e manutenzione dei manufatti e dei prodotti senza dover forzatamente ricorrere alle merci globali. Basti vedere il successo dell’impresa artigianale “La Saponaria” divenuta l’impresa più in crescita del nostro territorio negli ultimi 10 anni, e giunta 24’ a livello nazionale.

Possibilità di intervento sono :

  • Un’imposizione agevolata per le attività sostenibili di produzione/riparazione di beni durevoli e di consumo
  • La semplificazione amministrativa
  • L’incentivazione per l’apertura di nuove aziende che rispondano ai criteri di sostenibilità da parte di giovani imprenditori con tassazione agevolata e concessione di spazi pubblici in comodato

L’artigianato di produzioni artistiche di qualità è storicamente un’eccellenza pesarese ed occorre puntare su produzioni che si rivolgano ad un mercato qualificato e valorizzino la nostra tradizione.  In questa direzione va la proposta di ridare attualità alla tradizione della ceramica Pesarese che ha avuto negli anni importanti rappresentanti, come Molaroni, Bucci e Laboratorio Pesaro, ma che ad oggi necessita di un rinnovato sviluppo.

Occorre dunque rilanciare la “Sezione ceramica” del Liceo Artistico Mengaroni, nonché promuovere eventi culturali e manifestazioni che risveglino nella popolazione l’interesse per questa nobile attività. A questo fine andrebbero indirizzate le attività di formazione tra scuola e lavoro incentivando le scuole a studiare progetti insieme con le singole imprese, le parti sociali, la Provincia e gli altri comuni del territorio. L’imprenditorialità innovativa può essere promossa anche dal pubblico. Il Comune può farsi promotore di un incubatore d’imprese attraverso la gestione di specifici fondi comunitari oppure ne può favorire lo sviluppo attraverso la destinazione di spazi al coworking e alla fabbricazione digitale. In tal senso l’impegno pubblico potrebbe essere finalizzato alla creazione di valore in una specifica materia, come ad esempio la Mobilità sostenibile nel territorio o la Vivibilità della città.

IDENTITÀ E TURISMO

Il turismo rappresenta una grande opportunità per il nostro territorio, ma occorre partire dalla storia e dalle peculiarità che fanno di Pesaro una città diversa dalle altre al fine di garantire un’offerta che sia, nei suoi tratti distintivi, destagionalizzata, sostenibile e fortemente mirata.

PESARO E IL MARE: Gran parte dell’economia turistica si concentra attorno a questa attrazione ma appare ancora fortemente trascurato tutto il settore del turismo proveniente dal mare. Occorre integrare tutta l’area all’interno di un progetto completo di Fronte Mare che parta da Baia Flaminia e arrivi fino a Viale Trieste. La progressiva pedonalizzazione della zona mare, del centro storico e della congiunzione di queste due aree, potrebbe trasformare il volto della città rendendola più attraente per chi cerca tranquillità e qualità della vita, non essendo auspicabile, proprio per le nostre peculiarità e per la negatività del modello, una concorrenza con la riviera romagnola sul versante del turismo caotico di massa.

PESARO E LA STORIA DELLA MOTOCICLETTA: La grande tradizione motociclistica (Benelli, Serafini, Lazzarini, Morbidelli, Rossi…) può rappresentare una specifica opportunità di sviluppo al di là del settore manifatturiero. L’importante collezione di motociclette lasciata da Giancarlo Morbidelli, di grande valore storico, può rappresentare la base di una filiera che, partendo da una scuola professionale, arrivi all’istituzione di un centro di restauro e manutenzione di moto d’epoca ed alla riprogettazione di un polo museale con servizi dedicati agli appassionati.

PESARO E LA MUSICA: Rossini ed il ROF sono un patrimonio da preservare e sviluppare. Tanto è stato fatto ma tanto c’è da fare per mantenere, rivalutandolo, il livello di qualità che fa del ROF un evento internazionale. Il recente progetto di recupero di Palazzo Ricci va nella giusta direzione, ma occorre dare corpo all’offerta di spazi per suonare e ascoltare. Proseguendo virtuosamente su tale linea, andrebbe concepita la presenza – estremamente importante – del Conservatorio Rossini in maniera maggiormente integrata ed aperta nel tessuto cittadino, con particolare sostegno agli studenti “non residenti” anche attraverso la creazione di eventi a loro dedicati. Sostegno e spazi andrebbero garantiti alle tante associazioni, esperienze, attività musicali di base, che creano aggregazione sociale e cultura musicale diffusa.

PESARO E LE AREE INTERNE: Le aree interne del pesarese, con la presenza di una città d’arte come Urbino e luoghi d’interesse storico, naturalistico ed enogastronomico, rappresentano un’attrattiva unica. Occorre lavorare in sinergia con gli altri enti locali in modo che la città possa mettersi a disposizione per la valorizzazione delle aree interne, dei borghi, dell’artigianato e del turismo enogastronomico.

PESARO E IL CICLOTURISMO: Le opportunità offerte dal territorio dal punto di vista paesaggistico, le colline, la presenza della Bicipolitana fanno sì che la Provincia abbia una invidiabile vocazione per poter far sviluppare il cicloturismo. A questo scopo sarebbe necessario favorire ed incentivare le attività di supporto rappresentate da bike-hotel attrezzati, ciclo-officine, rent-a-bike, accompagnatori diplomati per cicloturismo e mountain-bike, bike-cafè, e bike-restaurant. Soprattutto è fondamentale trovare soluzioni per creare percorsi protetti al fine di ridurre la pericolosità di tragitti quali ad esempio la Pesaro-Urbino, la Pesaro-Carpegna e, ovviamente, la Fano-Fermignano.

AGROALIMENTARE LOCALE E DI QUALITÀ

Sul fronte dell’agricoltura le aree interne per tanti anni hanno rappresentato, da sole, il mercato dei generi alimentari di qualità con produzioni biologiche di altissimo livello. Questa eccellenza va rafforzata e sostenuta attraverso un’offerta di ristorazione che identifichi l’enogastronomia del territorio con cibi di elevato valore qualitativo attraverso la creazione di un disciplinare per un “Marchio di qualità” (da estendersi, eventualmente, anche ad attività non agroalimentari) e nella pubblicazione di una guida che censisca e pubblicizzi le attività agricole (e produttive in generale) virtuose, elencando i prodotti (e i servizi) che rendono unico il nostro territorio.

Le imprese agroalimentari di qualità del nostro territorio, costituite in gran parte da piccole aziende familiari, spesso hanno idee vincenti dal punto di vista produttivo, come ad esempio la produzione di varietà antiche di frutta, cereali e legumi e dei loro trasformati, ma trovano difficoltà logistiche sia nel processo di trasformazione che di distribuzione. È, quindi, ipotizzabile promuovere e valorizzare progetti di filiera che dalla gestione del campo o dell’allevamento arrivino alle utenze e alla vendita, riconoscendo il valore aggiunto a tutti gli attori coinvolti e riducendo il conferimento ai grandi centri di raccolta e trasformazione dell’industria agroalimentare.

Il circuito delle mense scolastiche rappresenta un’importante settore di acquisto di prodotti agroalimentari da parte del Comune. In tal senso appare doverosa l’adozione di criteri di appalto dei servizi di ristorazione pubblica che prevedano prioritariamente il reperimento di prodotti da agricoltura biologica e locale.

Le aree agricole prossime alla città vanno protette, attraverso l’interazione coi conduttori dei fondi, sia per migliorare l’offerta di prodotti a km zero e biologici, che per offrire ai cittadini la possibilità di usare questi stessi spazi per lo svago e la conoscenza, dando vita così ad attività ricreativo-culturali ed economiche.

Le cooperative di acquisto, la piccola distribuzione organizzata, i gruppi di acquisto solidale, gli orti urbani condivisi, sono realtà che hanno già fatto propri i criteri della sostenibilità nelle proprie scelte di consumo. Insieme alla promozione dei mercatini agricoli locali, occorre favorirle con facilitazioni quali la concessione di spazi pubblici e l’organizzazione di eventi che ne promuovano i valori etici e sociali oltre che economici.

ACQUA E RIFIUTI

La gestione del ciclo delle acque e del ciclo dei rifiuti sono, insieme con l’energia i settori più rilevanti per una svolta verso la sostenibilità del nostro territorio. A 20 anni dalla costituzione della Società per azioni ASPES Multiservizi e a 13 dalla fusione Megas /Aspes Multiservizi da cui è nata Marche Multiservizi, è tempo di valutare i risultati di questa esperienza sotto il profilo dei vantaggi per il territorio e per la comunità.

La gestione del servizi affidata ad un soggetto pubblico/privato come MMS, dove il pubblico delega le scelte operative e strategiche al partner industriale privato in cambio di un flusso dividendi, non appare più adeguata a garantire gli interessi della comunità servita.

Le criticità degli enti locali a svolgere il proprio ruolo di governo sono evidenti nelle carenze delle assemblee che indirizzano nel territorio provinciale le scelte di gestione dell’Acqua (AATO) e dei Rifiuti (ATA).

Il Comune di Pesaro, nel suo ruolo di comune capofila delle assemblee e del territorio provinciale, ha la responsabilità di farsi parte attiva per valorizzare la funzione di questi due livelli di governo e di promuovere forme alternative di governance dei servizi pubblici locali, non più limitandosi alla semplice dimensione di “socio” dell’azienda di servizi.

Sul tema dell’acqua, a fronte di perdite dichiarate del 34% e dei circa 139 milioni di Euro di utili, prodotti da MMS negli ultimi 9 anni, finiti per 2/3 in tasse e dividendi, c’è l’opportunità di fare gli investimenti necessari sulla rete idrica e avvicinarsi agli standard virtuosi, già attuati in Europa ma anche nella vicina Macerata, che hanno perdite inferiori al 10%.

Accanto a questo servono provvedimenti per la riduzione del consumo dell’acqua, quali ad esempio contingentamento attraverso contatori elettronici e sistemi di tariffazione disincentivanti. In uno scenario di cambiamenti climatici che stanno modificando la situazione idrogeologica anche del nostro territorio, tutto questo diventa funzionale per preservare l’acqua bene comune anche per le generazioni future e allo stesso tempo limitare già da oggi il pericolo di crisi idriche che può diventare, un domani, anche un problema per lo sviluppo economico.

In questo senso, non essendo proprietaria della rete, MMS procederà ad effettuare solo gli interventi minimi, utili a tenere in funzione il servizio, non curandosi delle perdite di acqua perché attraverso il sistema delle tariffe potrà recuperare gli eventuali maggiori oneri. Poiché l’ottica degli azionisti pubblici/privati è più orientata a produrre e distribuire gli utili che a reinvestirli nel miglioramento delle infrastrutture, è necessario prevedere, in previsione della prossima scadenza della concessione, la riacquisizione totalmente pubblica del servizio idrico, arrivando alla costituzione di un’azienda speciale, in piena attuazione del referendum del 2011, a tutt’oggi disatteso.

Sul tema rifiuti, in uno scenario globale nel quale siamo chiamati a ridurre l’attuale insostenibile consumo delle risorse naturali, occorre fare scelte guidate da una visione di progressiva riduzione degli stessi, consapevoli che il massimo risparmio economico lo abbiamo evitando di produrre rifiuti, prima ancora di effettuare il possibile riciclo. Il riciclo serve solo ad attenuare il problema, non ad eliminarlo. Ogni volta che produciamo un rifiuto abbiamo, infatti, un costo ambientale pari alla somma dei costi di produzione di quel bene e tutte le successive attività necessarie per gestirlo.

Premesso questo, il Comune di Pesaro, a tutela del bene comune, deve farsi parte attiva per:

  • Rendere consapevoli i cittadini della proprie responsabilità attraverso un’incessante operazione informativa
  • Incentivare la vendita di prodotti “sfusi” e il riuso degli imballaggi
  • Stimolare la creazione di una filiera per la riparabilità dei prodotti strumentali, siglando dei protocolli d’intesa con tutti gli attori economici del territorio
  • Adottare provvedimenti per l’utilizzo di tutte e tre le discariche del territorio provinciale, evitando la raccolta di rifiuti da fuori provincia, se non in particolari situazioni di emergenza sanitaria, utilizzando così il criterio di responsabilizzazione territoriale delle comunità per la gestione di un problema che comunque ha un suo impatto ambientale
  • Effettuare una seria, trasparente e partecipata valutazione delle opzioni impiantistiche (anche per la gestione dei rifiuti organici / verde – vedi nuovo “digestore anaerobico”) che parta dagli impatti ambientali e dalle effettive esigenze territoriali. Il Comune di Pesaro, capofila della compagine di enti locali che ha la maggioranza di Marche Multiservizi, ha la piena responsabilità politica d’indirizzo e controllo della società di servizi e deve pretendere che le scelte d’investimento siano valutate non solo sotto il profilo economico, ma soprattutto da un punto di vista del benessere e delle esigenze della comunità che rappresenta
  • Superare gli obiettivi di raccolta differenziata verso obiettivi di quantità di materiale effettivamente riciclato. In tal senso sono necessarie azioni mirate, in particolare verso le utenze delle attività produttive e commerciali, quali ad esempio un concorso/premio annuale per la comprovata minore produzione di rifiuti e imballaggi o accordi per il riutilizzo degli scarti di filiera
  • Adottare standard di raccolta dei rifiuti orientati ad una progressiva riduzione dei rifiuti prodotti e ad un miglioramento della qualità del servizio. Ad oggi le migliori metodologie prevedono:
    • Porta a porta spinto in tutte le zone della città
    • Introduzione di una tariffa puntuale per incentivare i comportamenti virtuosi
    • Sperimentazione di soluzioni innovative quali, ad esempio, la diffusione di mini-impiantisca di compattamento e compostaggio per condomini e gruppi di condomini finalizzati alla riduzione del numero dei ritiri e, quindi, del costo del servizio

Infine, cercando il concerto della Provincia e della Regione, vanno attuate politiche di regolazione che siano finalizzate a ridurre l’uso degli imballaggi – soprattutto quelli multimateriali – e di ogni prodotto usa e getta ogni qualvolta sia possibile: mense scolastiche, eventi pubblici, mercati cittadini e locali sono i primi esempi nei quali intervenire.

Anche in questo caso è evidente un conflitto tra gli interessi degli azionisti pubblici/privati, che tendono a massimizzare i dividendi derivanti dalla quantità di rifiuti gestiti, e quelli della comunità servita che corrispondono ad una progressiva diminuzione della quantità dei rifiuti prodotti: l’alternativa corretta su cui devono lavorare gli enti pubblici interessati, tra i quali ovviamente il Comune di Pesaro, è quella di riacquisire la gestione del servizio, valutando anche la possibilità di percorrere soluzioni innovative di partecipazione azionaria pubblica diffusa che rendano, effettivamente, realtà, come MMS, un soggetto al servizio della comunità.

TORNA SU


verso un’URBANISTICA SOSTENIBILE

I dati statistici relativi al 2019 forniti dal Comune di Pesaro, confermando la progressiva regressione demografica e l’atrofizzazione dei nuclei familiari, certificano l’esubero degli alloggi esistenti e l’inadeguatezza del parco residenziale del nostro comune, già carente sia sotto l’aspetto strutturale che energetico.

Situazione similare è quella manifestata dalla parte restante del parco immobiliare, aggravata dalla crisi del nostro sistema economico che ha determinato la parziale desertificazione delle aree industriali.

Ne consegue che la consistenza degli immobili disponibili e la loro condizione ci imponga l’abbandono del processo espansivo della nostra città, nonché la contestuale adozione di ogni strategia possibile capace di ottimizzare le risorse disponibili, favorendo la riqualificazione degli edifici esistenti, scongiurando i danni provocati dall’inutile sperpero di suolo e della conseguente inflazione immobiliare. Le sollecitazioni espresse dai bonus economici statali possono contribuire in maniera significativa a rinnovare il parco residenziale, qualora affiancate da scelte locali che favoriscano la ridefinizione dei tagli abitativi (riduzione degli oneri concessori), unitamente alla diffusione capillare di servizi assistenziali e di vicinato che permettano ad ogni cittadino, in particolar modo a quelli più vulnerabili, di continuare a vivere nei propri alloggi evitando il rischio di una possibile marginalizzazione.

In estrema sintesi le proposte formulate in questo documento, oltre a perseguire il recupero e la massima valorizzazione delle risorse disponibili attraverso l’incentivazione di interventi di riqualificazione strutturale ed energetica spinti fino alla demolizione/ricostruzione, si prefiggono di disegnare un nuovo assetto urbanistico della città, conferendole un’identità nella quale la qualità della vita dei suoi residenti possa raggiungere la sua massima espressione. In questa prospettiva, ogni edificio dovrà risultare partecipe al processo di trasformazione urbanistica e capace di aderire in maniera puntuale alle esigenze espresse dai suoi fruitori, limitando al tempo stesso la propria impronta ecologica.

PROGETTAZIONE URBANA ORGANICA E PARTECIPATA

L’attuale PRG del Comune di Pesaro, per quanto superato dal mutare degli eventi e delle esigenze, all’art.1.2.2 del Capo I delle NTA contempla sia lo strumento dell’urbanistica partecipata (Forum permanente) sia gli obiettivi di qualità e bellezza da perseguire attraverso specifici concorsi di progettazione.

Fino ad oggi, il suddetto articolo è stato sistematicamente disatteso.

Ciononostante, Pesaro può diventare una città sostenibile, a condizione che riesca ad adottare celermente una nuova filosofia urbanistica. A tale riguardo si ritiene necessario avviare quei processi di coinvolgimento della cittadinanza, sollecitati dalla stessa Unione Europea, come il “Forum permanente”, unitamente ai bandi di progettazione e ad un laboratorio di urbanistica partecipata nel quale possano confluire i contributi di tutti i portatori d’interesse, delle università e dell’intera collettività.

Le proposte si fondano esclusivamente sui seguenti concetti:

  • La riduzione di ogni tipologia d’inquinamento
  • La promozione di nuovi modelli di vita sociale
  • La riqualificazione e la valorizzazione delle risorse disponibili
  • La valorizzazione e la gestione del verde, considerato non solo come elemento decorativo della città, ma come risorsa essenziale per il conseguimento delle ottimali condizioni di vivibilità dello spazio urbano

RISPARMIO DI SUOLO

Il territorio è tra le principali risorse non rinnovabili del pianeta e anche nelle Marche la sua compromissione a fini urbanizzativi è ormai arrivata ad un preoccupante livello di guardia, peraltro già ampiamente oltrepassato in ambito costiero e vallivo.

Il principio della limitazione del consumo del suolo, introdotto dalla Legge Regionale n. 22/2011, deve diventare per Pesaro, attraverso scelte coraggiose e lungimiranti, uno degli obiettivi più importanti da perseguire.

Le strategie possono essere le seguenti:

  • Introduzione del principio del “consumo di suolo zero” da introdurre nell’immediato sia per le possibili varianti che per un’eventuale nuovo Piano Regolatore Generale
  • Incentivazione alla riconversione a verde o ad uso agricolo delle aree indicate edificabili dal PRG vigente, mediante l’adozione di criteri che permettano di restringere il perimetro delle possibili espansioni attorno alle aree già urbanizzate
  • Moratoria delle aree libere e decadenza dei diritti edificatori, attuali e futuri, dopo dieci anni, decorsi i quali, in assenza d’interventi edilizi (stipula della convenzione urbanistica), la destinazione d’uso delle aree dovrebbe tornare ad essere quella agricola o comunque dovrebbe perdere la capacità edificatoria
  • Annullamento delle previsioni di Piani particolareggiati che non siano stati presentati (es. Terreno della Celletta)
  • Incentivazione al recupero degli immobili abbandonati favorendone il cambio di destinazione d’uso
  • Penalizzazioni sulle proprietà d’immobili agibili ma non utilizzati, sarebbe necessaria una normativa nazionale
  • Spinta alla rimozione dei ruderi, in particolare gli opifici ormai abbandonati, e al recupero delle relative aree a verde (attraverso, per esempio, la riduzione della impermeabilizzazione sviluppando in altezza gli edifici nuovi)

LA CITTA’ “STORICA”

Due premesse fondamentali:

Quando si parla di “centro antico”, si fa riferimento alla stratificazione archeologica di una città e quindi, per quanto riguarda Pesaro, la consueta identificazione del centro con l’area che termina con la fine delle vie Rossini, S. Francesco e Cavour è da considerarsi non corretta.

Alla luce delle attuali conoscenze e delle ipotesi più accreditate, il limite territoriale, che noi utilizzeremo per la definizione di “città storica” dovrebbe collocarsi:

  • Verso il mare, all’altezza di Largo Aldo Moro (stante la concreta possibilità dell’esistenza, sotto le fondamenta del palazzo “ex Bramante”, di un teatro romano)
  • Verso Fano, in zona piazzale Matteotti, ben al di là del termine di via S.Francesco
  • Verso il porto, in zona Piazza Doria, ben oltre via Cecchi
  • Verso Rimini, sull’asse Piazzale Carducci-Orti Giulii

Le “città storiche”, prerogativa del nostro Paese, rappresentano un patrimonio identitario storico-culturale che ci distingue dal resto del mondo e come tale è necessario attribuire loro un ruolo attivo sul territorio e nella nostra quotidianità, rammendando la trama del tessuto socio-economico, là dove lacerato, e assegnando alla residenza il ruolo prioritario del processo di rigenerazione.

La “città storica” dovrà quindi recuperare la sua attrattività perseguendo l’offerta di un miglior livello di qualità abitativa, distaccandosi dal modello che la modernità le ha imposto.

Proposte strutturali

Questa tipologia di proposte presuppone di estendere, oltre all’attuale isola pedonale, l’area interdetta al traffico veicolare, al fine di ridurre l’inquinamento acustico e dell’aria, attraverso i seguenti interventi:

  • Spostamento delle aree di sosta delle auto all’esterno del nuovo perimetro, destinando le aree recuperate alla realizzazione di percorsi per la mobilità green, integrandoli lungo il tracciato con parcheggi per bici, monopattini e mezzi similari
  • Integrazione dell’offerta attuale di parcheggi scambiatori sul perimetro della città storica, affiancato da un efficiente servizio di trasporto svolto da navette pubbliche/private, capace di limitare i tempi di accesso alle mete prefissate
  • Trasformazione di Piazzale Matteotti in un parco urbano che, senza soluzione di continuità, possa ricongiungere Rocca Costanza alla città storica
  • Conversione del Piazzale Aldo Moro in una nuova “porta” della città, dalla quale sia possibile raggiungere il mare attraverso l’integrale pedonalizzazione di viale della Repubblica, riproponendo la suggestione di un percorso di antica memoria che unendo il centro al litorale possa conferire a Pesaro una pregevole identità
  • Formazione di un nuovo parco urbano, attraverso l’integrazione del bastione posto in prossimità dell’ospedale San Salvatore, con il verde del vecchio fossato e con l’area del Monumento alla Resistenza, sottraendo quest’ultimo dall’isolamento che lo affligge. Lo spazio risultante potrebbe acquisire una grande valenza storico-culturale conferendo al proprio intorno la qualità e il decoro scaduti nel corso degli ultimi decenni
  • Formazione di un nuovo parco urbano di roveresca memoria (Antico Barchetto), attraverso l’unione dei giardini degli Orti Giulii, impreziositi dal bastione del Carmine e dall’Osservatorio Valerio, con il giardino del San Benedetto e con quello della Biblioteca San Giovanni

Proposte funzionali:

  • Spostamento dei soli front office degli uffici pubblici in una nuova struttura di facile accessibilità esterna al centro storico, capace di ridurre i tempi di accesso agli stessi uffici, favorendo quel processo di semplificazione della burocrazia atteso da tempo e che rappresenta il viatico necessario per un sistema economico e sociale più efficiente ed evoluto
  • Rivitalizzazione delle piccole attività artigianali, depositarie dell’arte dei vecchi mestieri, grazie a politiche di promozione ed incentivazione a sostegno delle attività artistiche della lavorazione della ceramica e dei metalli, nonché di tutte quelle mirate al recupero degli oggetti di pregio. Tale operazione, oltre a preservare e valorizzare una nostra importante tradizione, potrebbe restituire a quei mestieri la dignità che meritano, generando occupazione e nel contempo conservando la testimonianza della qualità dei manufatti, necessaria per scongiurare l’esasperazione dell’usa e getta, co-responsabile dell’inquinamento del pianeta
  • Riqualificazione degli spazi aperti del centro che favoriscano gradevoli condizioni di vivibilità nel corso dell’intero anno, favorendo la creazione di una sorta di “outlet” diffuso attraverso il quale le attività commerciali ed artigianali possano trarne beneficio, acquisendo quei requisiti di sostenibilità che attualmente risultano insufficienti. Paradossalmente centri commerciali di nuova generazione, ispirandosi alla conformazione ed all’immagine dei centri storici, hanno ottenuto grande successo dimostrando che la città storica originale, unitamente alle attività che si svolgono al suo interno, possa essere rivitalizzata.  Gli spazi aperti potrebbero quindi tradursi in aree confortevoli e diffuse, aventi la capacità di favorire la socializzazione, realizzando gallerie coperte collocate su alcune strade e nei cortili interni degli isolati (es. San Domenico), oltre a nuove aree verdi ombreggiate. Soluzioni queste capaci di attribuire alla città storica una nuova immagine che contribuisca a rivitalizzarla, qualificando quei luoghi attualmente marginalizzati e scongiurando nel contempo l’eccessivo affollamento delle zone abitualmente più frequentate;
  • Valorizzazione delle risorse storico-culturali, conferendo al centro storico la veste di attrattore di un turismo di qualità, capace di promuovere sé stesso, le eccellenze della nostra provincia ed i centri storici minori. A tale proposito si ritiene necessaria l’attivazione di un servizio di promozione che ponga in rete tutti i siti e gli eventi in tempo reale, facilitandone la fruizione. La pianificazione delle proposte culturali, definite con criterio e coerenti all’immagine che la città intende offrire di sé, permetterebbe di abbandonare la logica degli “eventi spot” che, spesso inopportuni, fuori contesto e tra loro sconnessi, risultano portatori di una vitalità effimera e quindi incapaci di offrire riscontri turistici apprezzabili

I QUARTIERI GIARDINO

Ogni quartiere, situato all’esterno del perimetro più propriamente storico, potrebbe tradursi in un “Quartiere giardino”, attraverso la realizzazione di un’isola pedonale baricentrica, delegata a svolgere la funzione di spazio di socializzazione, dalla quale irradiare percorsi ciclo-pedonali capaci di raggiungere celermente e in sicurezza tutti i siti circostanti più frequentati (scuole, impianti sportivi, centri sociali, centri civici ed assistenziali, attività commerciali, uffici, chiese, parchi, giardini, ecc.).

Un modello che favorisca una mobilità interna indipendente dai mezzi inquinanti che potrebbero essere spostati ai margini delle isole, inducendo i residenti a camminare/pedalare un po’ di più e guidare un po’ meno. Gli effetti benefici di tale proposta potrebbero risultare tangibili nella misura in cui sarà possibile ridurre il pendolarismo quotidiano, mirando all’autosufficienza dei quartieri attraverso la dotazione di servizi ed avvicinando le attività lavorative alle residenze, operazione agevolata dalla possibile adozione strutturale dello smart- working.

Il modello di quartiere menzionato presuppone la creazione di tre sotto-maglie viarie:

  • La prima destinata alla realizzazione di nuovi percorsi ciclo-pedonali attraverso la trasformazione delle strade a doppio senso in sensi unici percorribili dai veicoli dei soli residenti
  • la seconda maglia, costituita esclusivamente da percorsi ciclo-pedonali disgiunti che, oltre a collegare le zone più attrattive del quartiere, potrebbero confluire nella “Bicipolitana” chiamata ad assumere il ruolo di asse portante dell’intera infrastruttura cittadina
  • la terza maglia, di nuova progettazione ed esclusivamente pedonale, permetterebbe di “ricucire” gli spazi verdi del quartiere e dell’intera città, creando percorsi naturalistici che identifichino nel futuro parco fluviale la propria spina dorsale. Tale rete potrebbe, inoltre, diventare uno stimolo importante per riconvertire spazi pubblici superflui, cementificati o asfaltati, in percorsi verdi alberati.

Il “Quartiere giardino” potrebbe raggiungere la sua massima espressione nella misura in cui sarà possibile attribuire all’individuo e all’intera comunità la funzione propulsiva del cambiamento, attraverso:

  • La partecipazione attiva dei residenti alla definizione di scelte di pubblico interesse, restituendo alle assemblee di quartiere la loro funzione nativa
  • La trasformazione dei luoghi anonimi o “non luoghi” in spazi capaci di favorire la socializzazione inter-generazionale, viatico necessario per aspirare ad una società più coesa e solidale
  • L’organizzazione di quelle manifestazioni che potrebbero riconoscere nei quartieri i siti più opportuni, delegando invece al centro e alla zona mare quelle tipologie di eventi più rappresentativi della città, legati alla cultura ed al turismo

IL “FRONTE – MARE”

Pesaro fin dalle sue origini ha sempre mantenuto un forte legame con il mare, legame che ha inciso profondamente sulla conformazione della città generando i quartieri Porto – Mare -Soria, posti a ridosso del Lungomare strutturato in tre distinti segmenti, aventi caratteristiche e funzioni diversificate:

  • Il tratto corrispondente all’attuale viale Trieste, che ha visto il progressivo sviluppo degli stabilimenti balneari e la nascita degli alberghi
  • Il tratto intermedio corrispondente all’area portuale, che ha mantenuto le sue destinazioni storiche, ovvero quelle legate all’attività commerciale ed alla pesca, alle quali si sono aggiunte quelle della cantieristica e del suo indotto. Attività che per loro natura e consistenza non hanno attribuito a questa zona una precisa identità. La recente rinascita del cantiere navale, impiegato per la manutenzione di grandi yacht, unitamente allo sviluppo delle attività di supporto alla marineria diportistica ed alla prossima realizzazione di un grosso complesso residenziale, stanno conferendo all’area un’immagine frutto della totale assenza di un Piano che permetta di formulare prima e perseguire poi, gli obbiettivi strategici di natura urbanistica ed economica. Obiettivi che dovrebbero valorizzare l’area portuale attraverso scelte che, pur mantenendo la natura commerciale del porto, riescano a far convivere in maniera sinergica, le attività legate alla pesca, alla cantieristica con il relativo indotto e a quelle turistiche localizzate sul fronte-mare
  • Il tratto più isolato di Baia Flaminia che, dopo essere stato utilizzato nel corso del tempo nelle modalità più svariate, ha ormai assunto una connotazione prevalentemente residenziale, con progressivo sviluppo delle attività balneari e di quelle connesse alla ristorazione ed allo svago che hanno eroso parte del Parco San Bartolo, intaccando un’area di grande valenza naturalistica

Le nostre proposte:

La crisi economica che stiamo vivendo, ci induce a diversificare e promuovere le attività sul nostro territorio. Tra queste, il turismo rappresenta un settore con grandi potenzialità ancora inespresse, ragione per la quale interventi efficaci e coordinati sull’intero fronte-mare potrebbero contribuire in maniera determinante ad un’auspicabile sviluppo delle attività operanti in questo settore.

A tal proposito si ritiene necessario elaborare un Piano di sviluppo dell’intero “FronteMare” capace di valorizzare le risorse disponibili attraverso nuove opere in grado di attribuire a questa parte della città, un’impronta turistica più attrattiva e funzionale, rompendo la ripetizione seriale degli spazi e la linearità dell’attuale viale Trieste. Tale operazione permetterebbe di concepire l’intera area come una sequenza di spazi da progettare in maniera puntuale in funzione delle rispettive peculiarità.

L’idea progettuale è quella di realizzare un ampio nastro alberato interdetto al traffico veicolare, nel quale la sequenza degli spazi menzionati verrebbe “ricucita” da due percorsi, uno pedonale ed uno ciclabile, da articolare tangendo o intersecando piazze verdi o pavimentate.

Il risultato finale permetterebbe di tradurre uno spazio monotono in uno estremamente vivace e gradevolmente vivibile.

Inoltre, verrebbe così a crearsi un nastro verde lungo circa 4 km che, includendo l’intero viale Trieste, l’area portuale e Baia Flaminia, si proporrebbe come ideale prosecuzione del Parco San Bartolo, offrendo gradevoli zone d’ombra nella stagione estiva e riparo in quella invernale, con il preciso intento di poter utilizzare il lungo-mare per buona parte dell’anno.

Nel periodo estivo la spiaggia potrebbe estendersi ad includere anche le superfici a prato confinanti, creando una nuova modalità di vivere gli spazi destinati alla balneazione, mentre nel restante periodo dell’anno, la funzione mitigatrice del verde alberato sul microclima potrebbe favorire la prosecuzione delle attività commerciali e di servizio, nonché l’impiego delle attrezzature sportive, ora esclusivamente stagionali.

In questo scenario un ruolo determinante è quello di competenza dell’area portuale, il cui perimetro spaziale dovrebbe includere sia gli edifici delle ex-colonie che la zona tra i due porti. La sapiente organizzazione delle attività che potrebbero svilupparsi su quest’area, rappresenta il requisito imprescindibile per garantire la continuità del “FronteMare” che potrebbe tradursi fisicamente nella realizzazione di due ponti ciclo-pedonali: uno fisso sul Foglia ed uno mobile sul porto-canale.

L’attraversamento dell’area portuale dovrebbe essere concepita con l’intento di salvaguardare e potenziare le attività storiche del nostro porto, conciliandole con quelle turistiche che, distribuite sull’intero sviluppo del “FronteMare”, potrebbero incrementare la ricettività senza tradurla in eccessivo affollamento.

La soluzione proposta, oltre a permettere la continuità del viale già menzionato, risolverebbe l’accessibilità a Baia Flaminia, alleggerendo notevolmente il traffico veicolare, oltre a togliere dall’isolamento l’area collocata tra i due porti, sulla quale si affacciano il “Cantiere navale Rossini” e la nuova darsena. Su quest’ultima area, il nuovo viale potrebbe contribuire in maniera determinante alla sua riqualificazione, coadiuvato dal nuovo hangar del cantiere che la ditta proprietaria intende utilizzare nella stagione estiva, come contenitore per eventi di pubblico interesse. Il nuovo viale alberato potrebbe inoltre svolgere il ruolo di elemento connettore di mercatini/esposizioni temporanee che potrebbero individuare in questo sito lo spazio più congeniale per la loro attività, destinando così il Piazzale della Libertà e il Campo di Marte a tipologie di eventi più consoni.

Il quadro descritto presuppone la totale revisione della viabilità di viale Trieste, perseguibile attraverso un progetto che riesca a conciliare le suggestioni espresse dalla proposta formulata con le esigenze dei residenti e delle attività economiche ivi operanti.

Detto progetto dovrebbe contemplare le seguenti caratteristiche:

  • Valorizzazione dei parcheggi esistenti (parcheggio del Curvone e piazzale tra i due porti)
  • Micro-parcheggi da posizionare in testa ad alcune strade di accesso al viale aventi rotatorie per l’inversione di marcia, destinati alle persone diversamente abili ed agli utenti delle attività da asporto (sosta breve)
  • Navette leggere di collegamento con i parcheggi posti sul perimetro della città
  • Utilizzo di mezzi non inquinanti di piccole dimensioni per i servizi connessi alle attività economiche

LE ZONE ARTIGIANALI INDUSTRIALI

La crisi economica dell’ultimo decennio, aggravata dal Covid 19, ha creato nelle zone industriali del nostro territorio, desertificazione, degrado delle strutture e delle infrastrutture. In questo contesto risulta quindi necessario definire un nuovo modello di sviluppo che sappia rilanciare l’economia locale capitalizzando il know how, le eccellenze del nostro territorio e l’esperienza acquisita nel tempo, coniugandole con la nuova filosofia dell’industria 4.0. La globalizzazione costringe le nostre imprese a confrontarsi in ambiti internazionali, dove è possibile competere solo ottimizzando l’innovazione, la ricerca, la produttività e quindi i costi di produzione. Sfide che il nostro sistema potrà affrontare solamente elevando la soglia della cooperazione e dell’associativismo tra le imprese ed operando in siti produttivi di nuova generazione.

Le zone industriali di via Toscana e di via Jesi

Le zone industriali di via Toscana e via Jesi rappresentano, per dimensione e ubicazione, aree ideali per promuovere il nuovo modello di sviluppo tecnologico-industriale, ma richiedono una loro totale riconversione attraverso l’adozione di nuove tipologie edilizie, il ridisegno della viabilità interna e la dotazione di nuove infrastrutture.

Una piccola Silicon Valley che può nascere e svilupparsi qualora si riescano a creare le condizioni per richiamare investimenti pubblici/privati, nazionali/internazionali, predisponendo un PRG flessibile e premiante, nei confronti di chi intenda costruire edifici con ridotta impronta ecologica, avviando attività tecnologicamente avanzate.

Volumi che dovrebbero conformarsi a nuove tipologie edilizie multilivello (max 4 piani) che oltre a risultare funzionali alle attività da insediare, permettano di ridefinire i rapporti tra spazi coperti e scoperti, mitigando nel contempo il rischio esondazione.

L’acquisizione di superfici scoperte, attraverso il riequilibrio volumetrico e la rimodulazione di spazi impermeabilizzati in esubero, oltre a permettere la realizzazione delle infrastrutture necessarie, creerebbe le condizioni per disporre aree a verde alberate capaci di mitigare le isole di calore e quindi migliorare la vivibilità di quegli spazi.

In questo scenario, le coperture dei nuovi edifici e di quelli risanati, potrebbero essere interamente ricoperte da impianti fotovoltaici, soluzione capace di azzerare i manti in eternit esistenti, scongiurando la collocazione di impianti su terreni che, pur inseriti in aree aventi destinazione industriale, manifestino vocazione agricola. Nella stessa misura in cui la cooperazione e l’associativismo riusciranno a rendere competitive le nostre imprese, le comunità energetiche potranno gestire gli impianti fotovoltaici attuando quelle economie di scala capaci di coniugare la sostenibilità economica, con quella ambientale e sociale.

L’obiettivo che le soluzioni proposte intendono perseguire è quello di rovesciare il paradigma secondo il quale le aree produttive debbano essere inevitabilmente inquinanti, energivore ed invivibili, trasformandole invece in aree funzionali, gradevoli, energeticamente autosufficienti e ad impatto prossimo allo zero.

Ovviamente il processo auspicato dovrà avvalersi di ogni possibile incentivazione economica, unitamente ad un sistema locale che possa formare e fornire figure professionali di alto profilo, le cui specializzazioni siano funzionali alle attività che potranno insediarsi e svilupparsi in questa tipologia di siti produttivi (partnership tra imprese, università e Istituti professionali locali).

Altre zone industriali (Borgo S.Maria, via Montanelli, Chiusa di Ginestreto, ecc.)

Relativamente alle altre aree artigianali/industriali più recenti, zone che non richiedono necessariamente una loro radicale riconversione, fermo restando l’applicazione dei principi sopra espressi, si ritiene necessario operare un censimento degli immobili e delle imprese tutt’ora operanti.

Tale censimento dovrebbe porci nella condizione di mappare le risorse pubbliche/private disponibili, creando gli strumenti urbanistici che favoriscano il riutilizzo degli immobili desueti o inagibili. Lo sperpero di terreni fertili sottratti all’agricoltura non è più tollerabile, anche se motivato da lodevoli progetti industriali che potrebbero comunque conseguire il risultato atteso insediandosi all’interno delle aree esistenti, contribuendo a far rifiorire le zone produttive semi-dismesse.

La politica ha il dovere di assecondare i nuovi progetti industriali capaci di creare sviluppo ed occupazione, ma nel contempo deve prevenire l’esigenza di nuovi spazi produttivi, non subirla. Ne consegue che il SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive), servizio di vitale importanza per il settore economico, dovrebbe operare perseguendo l’ottimizzazione delle risorse, indirizzando le Imprese ad insediarsi all’interno degli attuali siti industriali, nell’area di Chiusa di Ginestreto, oppure nelle aree P.I.P. (Piano per gli Insediamenti Produttivi), appositamente predisposte dal P.R.G.

TORNA SU


Verso una GESTIONE SOSTENIBILE DEL VERDE URBANO

All’interno di un efficace cambio di paradigma, Pesaro dovrebbe decidere di diventare una città “amica delle piante”: ospitale per le innumerevoli forme che le stesse assumono, sposando l’idea che un’alleanza uomo-natura sia possibile anche in città, il luogo generalmente meno consono alla vita della flora e della fauna per animali nella certezza che da questa scelta derivino benefici soprattutto per l’uomo.

GESTIONE DEL VERDE URBANO E PERIURBANO

Il governo della città deve dare al suo Verde Urbano e Periurbano tutta l’attenzione che merita e assumere il Verde come elemento primario e qualificante di ogni sua azione. Si tratta anche di una questione di rispetto verso i lasciti storici: il paesaggio delle nostre colline è frutto d’interazione continua tra le forze naturali e le esigenze di passaggio, residenza, lavoro e produzione ogni lembo del paesaggio è nobilitato dalla storia.

Sono quindi necessari ed improcrastinabili:

  • Il censimento, non solo delle alberature ma anche di ogni spazio verde che possa ospitare “qualità e biodiversità”
  • Il piano del Verde, che sia un vero Piano Progettuale e gestionale dell’intero sistema verde della città
  • Il rispetto scrupoloso del “Regolamento Comunale del Verde Urbano”, documento certamente importante e ben redatto, che nella gestione corrente non viene quasi mai rispettato
  • La destinazione alla gestione del Verde di risorse adeguate e certe pianificate in modo pluriennale.

La città deve dotarsi di professionalità e strumentazione adeguata: gli uffici del Comune e di Aspes devono tornare ad essere forniti di personale competente e qualificato (del resto se per costruire un garage serve almeno un geometra, perché per gestire il verde non dovrebbero essere richieste competenze specifiche?).

La qualificazione degli operatori deve essere prevista con opportuni Corsi di Formazione (come richiesto dal recente decreto del 10 marzo 2020 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) e tale qualificazione deve essere obbligatoria sia per gli enti pubblici che per le aziende private.

PARCO MIRALFIORE

Il Parco Miralfiore è un luogo unico, del tutto speciale, una ricchezza ancora poco compresa e conosciuta. Richiede una gestione separata, attenta, competente e continua. Richiede la ricerca di fondi per le necessarie manutenzioni straordinarie ormai inderogabili. Richiede quindi un piano specifico che ne gestisca gli eventi, le manifestazioni, le necessità e le urgenze, oltre che la gestione ordinaria e quotidiana. Nello specifico ed al fine di evitare il ripetersi di tagli indiscriminati, non supportati da reali esigenze e tecniche gestionali professionali, si ritiene indispensabile:

  • L’istituzione di un tavolo tecnico (costituito da esperti individuati dal Comune, da Aspes e dalle Associazioni Ambientaliste), che attraverso una serie di incontri definisca un corretto piano di programmazione e gestione relativamente a lavori, modalità e tempi in cui operare
  • Il ripristino di un “Comitato di Gestione” che sovraintenda e monitori le opere di gestione e manutenzione opportunamente definite nel tavolo tecnico
  • La redazione di un documento tecnico che illustri e certifichi in via definitiva ed esaustiva i valori del parco, utile a definirne quei caratteri che debbono essere rispettati, sino ad ora ripetutamente segnalati ma non attestati in maniera sistematica e specifica, che sia, inoltre, idoneo presupposto per un’auspicabile specifico regolamento o disciplinare di gestione

Qualsiasi intervento in termini di tagli e potature all’interno del bosco deve essere eseguito nel rispetto delle sue caratteristiche, in quanto non bosco comune ma di particolare pregio, così comeil Piano Regolatore già lo riconosce e lo identifica.

PARCHI URBANI E GIARDINI SCOLASTICI

Lavorare sull’esistente per migliorarlo, identificando i punti forti e quelli deboli di ciascuna area verde pubblica e operando poi di conseguenza.

Dare ai Giardini Scolastici una funzione davvero ricreativa e di ricerca, curando ed implementando la dotazione in specie vegetali, nella consapevolezza che una relazione positiva e precoce con le piante forma cittadini più maturi.

Esistono già esperienze molto positive in città, che devono essere messe “a sistema” affinché possano essere conosciute e riproposte là ove sia possibile:

  • Il Comune adotta la proposta culturale “La Verde Pesaro” e ne da il massimo risalto per favorire ed aumentare la cultura del verde, conoscenza e sensibilità
  • Il Comune riconosce il valore delle esperienze come BimbOrto, per la sua funzione socializzante, di aggregazione, di offerta di spazi e tempi di qualità per tutti, e si propone di costituire esperienze analoghe in ogni quartiere

Ci sono valide esperienze individuali di giardini e di campi catalogo, sconosciuti ai più, che potrebber essere messi a sistema, offrendole, a discrezione dei proprietari, al cittadino.

Realizzazione di Percorsi nel verde cittadino: Pesaro ha una disponibilità di verde d’importanza storica che va preservata e valorizzata, a cominciare da quella fascia che, partendo dalla Biblioteca San Giovanni e passando per il Barchetto, arriva agli Orti Giulii e continua poi, da un lato, lungo la fascia muraria, fino al monumento alla Resistenza, e dall’altra parte verso Pontevecchio, lungo il Foglia, arriva al parco Miralfiore ed al Parco XXV Aprile.

E’ necessario inoltre operare affinché le corti e i giardini “storici” non vengano violati salvaguardando le preesistenze arboree.

Un’attenzione particolare va riservata al recupero naturalistico, storico, funzionale di tutta l’area degli Orti Giulii, in diretta connessione ed interdipendenza con un progetto unitario che preveda il recupero alla città degli spazi esterni ed interni del San Benedetto.

Gli interventi da porre in atto dovrebbero prevedere:

  • Una diversa viabilità (con forte riduzione del traffico) tra la Statale e Via Belvedere, anche inserendo una pavimentazione funzionalmente ed esteticamente di raccordo e che limiti la velocità
  • Una concreta collaborazione con ITA Cecchi ed Accademia Agraria per il recupero botanico-vegetazionale del Parco con lavori di piantumazione, potatura, irrigazione e recupero delle bordure
  • La valorizzazione della presenza dell’Osservatorio Valerio al fine di salvaguardare innanzitutto l’esistente documentazione storico scientifica, che può diventare patrimonio comune attraverso un percorso di musealizzazione
  • Il recupero e la fruibilità dell’edificio “incompiuto”, all’altezza del bastione, quale spazio certamente “non commerciale”, da destinarsi a servizio e supporto delle attività inerenti alla natura sopra indicate

PARCO DEL FOGLIA

La lunga fascia verde sui due lati del fiume, talvolta ricca di valori naturali, rappresenta uno spazio ideale per passeggiate, svago, e sport a bassa intensità.

Il censimento, sopra accennato, servirebbe, in questo caso, ad individuarne le parti più interessanti o potenzialmente tali e l’individuazione di modelli di gestione (tipi di bosco, tipi di prati e/o coltivi), protezione delle zone umide e loro valorizzazione, attenzione alle differenti modalità di utilizzo, costituzione di aree attrezzate per soste e picnic, bonifica delle aree degradate.

In questo contesto, la Ciclofoglia è certamente una grande opportunità, ma non è priva d’impatto: le visioni semplicistiche non vanno d’accordo con la complessità della natura. L’argine in terra battuta, sommerso dall’asfalto per favorire la bicicletta, ha cancellato, nella parte già realizzata, un ambiente di notevolissima importanza (passare sopra l’asfalto dell’argine è l’unica via di diffusione e ritorno all’acqua degli anfibi, classe di animali in fortissima difficoltà, e le ruote di bicicletta sono assai più rapide ed efficaci dei piedi nel calpestarli).

Qualunque progetto di nuovi tratti di piste ciclabili deve essere sottoposto ad attentissima valutazione di incidenza, ponendo da subito l’alternativa di non colare altro asfalto, privilegiando materiali alternativi. Come nelle altre ciclopedonali, e ancor di più nella Ciclofoglia, la bicicletta non deve sopraffare il pedone, così bici e pedoni non devono sopraffare i legittimi occupanti degli spazi naturali: animali e piante. Anche il come realizzare le ciclabili è importante, dovendo ottemperare alla diverse esigenze degli utenti.

Nell’intento primario di non disturbare le aree umide di grande importanza che stanno diventando le aree di laminazione, occorre spostare il tracciato rispetto agli originari progetti e bonificare quegli spazi spesso abusivamente occupati da attività industriali ed artigianali.

In tal senso il Comune, il Consorzio di Bonifica, e il Contratto di Fiume del fiume Foglia devono procedere con convinzione verso tale direzione.

PARCO NATURALE REGIONALE DEL SAN BARTOLO

Un parco naturale nasce per conservare il suo patrimonio.

In Italia tale patrimonio è di solito strettamente intrecciato con la storia dell’uomo, creando così valore aggiunto. Là dove ciò avviene in maniera armoniosa, i borghi, le strade, e tutti gli elementi antropici trovano una collocazione simbiotica con quelli naturali.

Attualmente la sua eccessiva “valorizzazione”, non sempre adeguatamente rispettosa della naturalità del luogo, fa sì che “di parco” questo parco abbia molto poco, salvando doverosamente il programma di educazione ambientale che il Parco propone frequentemente.

Per il nostro Parco del San Bartolo risulta indispensabile:

  • Assicurare da parte del Comune di Pesaro una costante vigilanza in divisa, non soltanto per qualche giorno, tramite vigili urbani all’uopo incaricati coordinandosi con la presenza e gli interventi di altre forze dell’ordine (es. Carabinieri Forestali)
  • Evitare qualunque manifestazione non coerente con le finalità del parco (gare di velocità dei mezzi a motore, utilizzo frequente dell’area ex Campo di Marte per spettacoli altamente devastanti in termine di persone, rumori, inquinamento, forte disturbo/ spaesamento alla fauna selvatica)
  • Valorizzare la presenza di pedoni e ciclisti, ma nel contempo vigilare sulla tendenza consolidata che vede aprire sentieri e piste da MB un po’ ovunque, senza permessi, con tagli di vegetazione e ingressi in zone prima impraticabili. Chiudere conseguentemente tutti i sentieri non autorizzati
  • Moltiplicare lo sforzo per controllare le fruizioni indebite, controllando e reprimendo le velocità non consentite di auto e moto, prassi purtroppo consolidata, che mette in costante rischio ciclisti e pedoni
  • Azzerare la tendenza della destinazione del Parco a fini commerciali e residenziali che ne vadano progressivamente a snaturare le precipue caratteristiche (vendita a privati di strutture pubbliche, ristrutturazione a fini residenziali di edificazioni esistenti con diversa destinazione, sbancamenti per apertura strade private)
  • Ripristinare il confine del Parco a 50 metri dalla battigia area Baia Flaminia (rispetto alla maldestra modifica su viale Varsavia disposta dall’Ente Parco qualche anno fa, cosa che ha consentito la devastazione della spiaggia con la deviazione della ciclabile e la collocazione delle varie attività commerciali)
  • Mantenere, per tutte le attività di divulgazione, corsi e momenti di incontro, l’attuale sede del Parco su Viale Varsavia in quanto maggiormente fruibile rispetto ad un luogo raggiungibile soltanto dopo un percorso in auto. Qualora si voglia spostare la sede di rappresentanza a Fiorenzuola, quella di Baia Flaminia rimane, comunque, ideale per tutte le attività didattiche che il Parco propone, grazie al suo spazio interno molto ampio, allo spazio esterno con un sentiero molto caratteristico, un giardino con piante aromatiche e alla vicinanza del mare per gli specifici programmi educativi
  • Promuovere attività di ristoro e commerciali soltanto all’interno dei paesi evitando la creazione di altre “aree sosta” con nuove edificazioni
  • Disporre un costante e rigoroso controllo per reprimere gli scarichi abusivi di rifiuti, specie di materiale edile

CREAZIONE DELL’AREA MARINA PROTETTA DEL SAN BARTOLO in contiguità e continuità con i confini del Parco Naturale Regionale del San Bartolo.

TORNA SU


Verso una MOBILITA’ SOSTENIBILE

Mobilità sostenibile non è solo andare in bicicletta al mare o al lavoro quando la sede è vicina.

Per rendere veramente sostenibile la mobilità a Pesaro è necessario un differente approccio culturale all’esperienza di spostamento ed il compito dell’amministrazione è quello di accompagnare i cittadini in questo percorso che richiede il cambiamento delle abitudini individuali.

La riduzione dell’uso dell’auto privata e la sostituzione dei veicoli pubblici alimentati da combustibili fossili con veicoli elettrici o che usino combustibili da fonti rinnovabili rappresentano gli obiettivi primari e la via obbligata da percorrere per portare la nostra città verso la sostenibilità della mobilità

CREARE L’INTERMODALITA’ DEI TRASPORTI

Vanno promosse soluzioni di trasporto intermodale urbano al fine di agevolare l’uso di veicoli differenti per lo spostamento in ambito cittadino.  Il trasporto intermodale integra sistemi di mobilità sostenibile, combinandoli tra loro nell’ambito di un unico percorso urbano. La combinazione bici-autobus-treno è l’esempio più calzante.

Soluzioni quali bike-sharing, trasporto pubblico locale, noleggio di monopattini elettrici e pedonalità protetta possono essere combinate tra loro attraverso interventi di trasporto intermodale urbano che promuovono la mobilità sostenibile.

E’ fondamentale che i punti di fermata del mezzo pubblico veloce (treno o autobus) possano essere raggiunti facilmente dalle abitazioni con percorsi protetti a piedi o in bicicletta.

Sono auspicabili parcheggi per biciclette controllati da videocamere come nei Paesi nordeuropei.

I parcheggi per auto invece vanno inseriti e ampliati nelle zone strategiche atte a favorire anch’essi l’intermodalità e non la “movida”, alla quale si può accedere a piedi o in bicicletta lasciando l’auto più lontana.

REALIZZARE PARCHEGGI E SERVIZI PER LA MOBILITÀ CICLISTICA

A Pesaro mancano quasi del tutto i parcheggi per le biciclette e là dove esistono o sono insufficienti o sono poco funzionali. Nei punti strategici (stazione del treno, stazione degli autobus, grandi parcheggi auto, san Decenzio ecc.) ma anche lungo le ciclabili (vedi ciclabile del mare soprattutto) non ci sono spazi di sosta e parcheggio, per cui le biciclette vengono appoggiate ai muri, ai pali della segnaletica e agli alberi, intralciando i percorsi e creando confusione.

Oltre alla loro realizzazione è necessario favorire la nascita di punti di noleggio e assistenza alle biciclette, diffusi nella città: il pensiero di “bucare” o avere un guasto alla bici spesso ne scoraggia l’utilizzo soprattutto nelle persone più anziane. Sarebbe bene trovare forme incentivanti che favoriscano la rinascita dell’artigianato legato alla bicicletta (un tempo molto vivo, specialmente nel centro della città) vista anche la notevole crescita dell’acquisto di bici, diretta conseguenza dell’attuale eco-bonus.

MIGLIORARE LA CICLABILITA’

Il neologismo “Bicipolitana” resta un neologismo vuoto:

  • Se le corsie ciclabili non sono protette, mantenute e collegate tra loro
  • Se nelle rotatorie la corsia dell’auto viene privilegiata a scapito di quella della bicicletta
  • Se non viene creata, a fianco della ciclabilità, una corretta pedonalità, al fine di evitare l’invasione del pedone a scapito della bici
  • Se la segnaletica non viene adeguata e non sono previsti gli attraversamenti ciclabili (es. via Milano);
  • Se non vi sono punti di sosta e parcheggio delle biciclette lungo le ciclabili
  • Se non vengono ideati percorsi ciclabili piacevoli alla “passeggiata” oltre che alla pura necessità di spostamento
  • Se non vengono installate ai semafori le “case avanzate” (ora previste dal Codice della strada) che favoriscono la partenza alle biciclette piuttosto che alle auto

Per fare un esempio strade come via XI Febbraio, via Flaminia, via A. Cecchi, via La Marca, viale Cialdini, viale Gramsci, via Mameli, via Marsala e Viale dei Partigiani non hanno la ciclabile mentre ci sarebbe spazio sufficiente riprogettando la viabilità carrabile. Ve ne sono poi altre che hanno la ciclabile non protetta e conseguentemente spesso invasa dalle auto in sosta (via del Carso, Statale, via San Decenzio, via Rossi ecc.). Bisogna “forzare” l’automobilista al rispetto della mobilità ciclistica e pedonale.

RENDERE MENO CONVENIENTE LO SPOSTAMENTO CON AUTO PRIVATA

Da un lato è necessario disincentivare l’uso dell’auto privata, attraverso:

  • L’allargamento delle zone 30, introducendo tutti gli elementi tecnici (dossi, autovelox fissi e altro) per farne rispettare i limiti
  • L’ampliamento delle ZTL, anche nei quartieri, limitando i permessi di accesso a quelli strettamente necessari. In particolare nel centro storico, facilmente raggiungibile a piedi e ben collegato da Navette con il parcheggio del San Decenzio, la limitazione dei permessi potrebbe riguardare gli esercenti ed i lavoratori impiegati nei vari uffici

Dall’altro vanno favorite ulteriori forme di mobilità:

  • Bisogna migliorare il trasporto pubblico anche con l’adozione di navette di media dimensione agili e adatte a fluidificare il traffico e stimolarne l’utilizzo anche attraverso la fornitura di abbonamenti annuali gratis o a costi ridotti finanziati attraverso contributi pubblici
  • Favorire le forme di trasporto condiviso, dal trasporto pubblico convenzionale al car pooling, al car sharing, bike sharing e promuovendo il concetto di “utilizzo” al posto di quello di “proprietà”
  • Stimolare la nascita anche a Pesaro del bici-taxi

RIPENSARE I PARCHEGGI PER AUTO

Negli ultimi decenni, non solo la costruzione di nuovi edifici o l’ampliamento di quelli esistenti, ma anche l’opportunità concessa di trasformare locali ad uso garage in abitazioni senza prevedere spazi compensativi, ha riempito le nostre strade di auto in sosta.

Tutta la strategia di miglioramento della qualità della vita nella nostra città passa anche attraverso nuovi spazi di viabilità con l’allargamento dei marciapiedi e con piste ciclabili protette; una strategia che possiamo perseguire se riusciamo a diminuire la quantità di auto in sosta lungo le strade.

Considerando uno scenario tendenziale caratterizzato dalla diminuzione del totale di auto che circolano all’interno della città (per l’auspicato cambiamento delle abitudini in tema di mobilità) e dalla progressiva sostituzione delle auto a combustione con auto elettriche, potremo creare spazi di quartiere, diversi dalle strade, che svolgano le funzioni di parcheggio, ma anche di ricarica delle stesse.

Parcheggi silos di quartiere destinati alle auto che non trovano ricovero in garage privati invogliando le persone interessate ad acquistare il proprio spazio. Realtà in cui posizionare officine di manutenzione delle stesse auto presenti.

La progressiva realizzazione di queste strutture potrà progressivamente liberare spazi di parcheggio che rimarranno in numero limitato riservati solo a particolari esigenze insopprimibili (mobilità delle persone con disabilità e sosta temporanea per interventi di manutenzione e consegne). Ovviamente la realizzazione delle strutture ipotizzate, di iniziativa pubblica o privata, non deve consumare altro suolo, ma riconvertire strutture esistenti. Su questo tema dobbiamo avviare un processo decisionale partecipato con la comunità interessata che deve vedere in queste strutture un’opportunità di miglioramento qualitativo della vivibilità del proprio quartiere e non un’operazione speculativa a vantaggio di qualcuno.

RISTUDIARE LA MOBILITA’ INTERCOMUNALE

Il PUMS (Piano urbano della mobilità sostenibile) deve essere concepito a scala metropolitana. Gli spostamenti intercomunali rappresentano una consistente parte del totale, soprattutto in un territorio di piccole dimensioni come quello di Pesaro.

I due assi principali la Fano-Pesaro e la Montelabbatese necessitano di percorsi ciclabili protetti e di una implementazione del mezzo pubblico. Inoltre, Pesaro e i comuni adiacenti dovrebbero concordare percorsi e modalità di trasporto delle persone e delle merci favorendo la sinergia e la intermodalità.

Diventa, infine, determinante aprire un dialogo con le aziende per ricercare congiuntamente formule incentivanti, agevolazioni e soluzioni operative che favoriscano la scelta di modalità alternative all’utilizzo dell’auto privata. Spogliatoi per chi utilizza la bicicletta per recarsi in ufficio, rimborso delle spese di trasporto pubblico, navette aziendali, car pooling, sistemi di premialità per i dipendenti che si distinguono per l’utilizzo di mezzi sostenibili, installazioni di postazioni di ricarica per bici ed auto elettriche, smartworking, sono tutti esempi che possono contribuire a ridurre il numero di veicoli in circolazione.

INTERVENIRE SUL CAMPUS E SULLE SCUOLE

Nell’impossibilità di ripensare totalmente il campus si potrebbe:

  • Potenziare i percorsi ciclabili per accedervi
  • Differenziare maggiormente e in maniera definitiva gli orari di ingresso e di uscita degli studenti dei vari istituti
  • Fare in modo che le ditte di trasporto coinvolte si dotino di automezzi ecologici
  • Ampliare per le scuole elementari il progetto “A scuola andiamo da soli“ prevedendo percorsi pedonali e ciclabili protetti ed eliminando la possibilità di accesso ai dintorni delle scuole alle auto private (attuato in Olanda fin dal 1973 dopo la protesta delle Mamme intitolata “Stop de Kindermoord”) intervento questo recentemente previsto dal Codice della Strada con una semplice delibera comunale

Inserire, quindi, all’interno di una riprogettazione della viabilità urbana, l’obiettivo di creare, il più possibile, spazi senza traffico attorno a tutte le scuole

TORNA SU


Verso una CULTURA SOSTENIBILE

La cultura della sostenibilità implica necessariamente una sostenibilità della cultura e in questo senso diventano centrali, assieme ai compiti dell’amministrazione, anche il ruolo delle nuove generazioni e quello della scuola. Per tendere ad un obiettivo di questo tipo è fondamentale:

  • Ripensare una città che integri la cultura in tutto il suo tessuto territoriale e sociale
  • Creare tanti piccoli, medi e grandi luoghi su tutto il territorio dove produrre e/o fruire cultura nel quotidiano
  • Favorire il libero accesso al patrimonio culturale, di cui tutti noi siamo ereditari, anche attraverso una sinergia tra la cultura e gli spazi verdi e la fruibilità dei luoghi ora preclusi
  • Rafforzare il legame scuola-istituzioni culturali per consolidare l’idea di città come patrimonio comune storico culturale e ambientale
  • Promuovere un uso intelligente delle risorse tecnologiche a scopo culturale

L’AZIONE CULTURALE NEL QUOTIDIANO

Iniziative importanti, coltivate e perseguite con impegno costante:

Fruizione del patrimonio immobiliare pubblico con l’apertura di Rocca Costanza, Palazzo Ducale e Palazzo Mazzolari-Mosca e contestuale costituzione di nuovi musei o spazi espositivi al loro interno

  • Rilancio, ampliamento e finanziamento delle biblioteche San Giovanni e Bobbato
  • Risoluzione definitiva delle problematiche di spazio e sicurezza dell’edificio della Biblioteca e del Museo Oliveriani
  • Rivitalizzazione delle biblioteche di quartiere esistenti ed efficientamento della rete tra biblioteche
  • Costituzione di una Rete di tutte le associazioni (numerosissime e molto attive) e dei singoli cittadini impegnati nel civile per la collaborazione nella gestione della cultura e per la creazione di progetti condivisi
  • Restauro del grande patrimonio di arte contemporanea ospitato negli spazi pubblici della città, valorizzazione dello stesso, assieme a quello di proprietà privata, attraverso la costituzione di una commissione composta da esperti locali del settore
  • Rigorosa valutazione di manifestazioni e installazioni che impattino sul patrimonio culturale e ambientale
  • Ideazione di iniziative per le scuole che spingano le stesse a firmare convenzioni con figure quali le guide culturali, ambientale e cicloturistiche per inserire, nei programmi, dalla primaria alla secondaria di II grado, la scoperta del verde e del patrimonio storico-artistico della città e del contado anche attraverso l’uso della bicicletta
  • Elaborazione del progetto “ Noi insegnanti dei Nonni” allo scopo di avvicinare il mondo giovanile e quello della maturità tramite il filo rosso dell’utilizzo culturale dei moderni mezzi di comunicazione
  • Creazione di una Consulta dei giovani per favorire la loro partecipazione alle scelte della città
  • Ampliamento della cultura musicale oltre gli schemi classici anche attraverso l’utilizzo di ampi spazi verdi quali per esempio quelli del Campus che potrebbe in questo modo prendere finalmente vita al di là degli orari scolastici

IL SAN BENEDETTO COME CITTADELLA DEL SAPERE

Un luogo che, più di altri, si presta ad essere valorizzato e ad ospitare nuove strutture culturali è l’ex ospedale psichiatrico San Benedetto.

Attraverso un concorso d’idee appropriato mirante alla riqualificazione dell’intera area (magari con fondi europei), si potrebbe puntare alla creazione di un Polo insieme agli Orti Giulii.

All’interno degli enormi spazi del San Benedetto potrebbero trovare la loro collocazione ideale angoli espositivi per: mostre documentarie, spazi scenici sperimentali riservati al teatro di ricerca, luoghi per mostre, aule per lezioni, sale di proiezione per film d’autore, sale di dimensioni più contenute per appuntamenti seminariali, atelier per artisti e spazi per fare musica e un Museo dedicato alla storia della Mostra del Cinema.

Con gli attigui complessi del San Giovanni, dell’Osservatorio Valerio, e con la contiguità di altri luoghi della formazione artistica, dal Centro arti visive Pescheria, al Conservatorio e al liceo artistico Mengaroni (dove di recente è stato allestito il Museo della ceramica del ‘900), il quadrilatero via Mazzini-corso XI Settembre-via Belvedere-via Passeri potrebbe diventare una “citta del sapere”, un campus, una vera e propria “università civile”. In questo contesto potrebbe essere integrato e finalmente valorizzato il già costituito Museo alle stufe per la documentazione e la memoria dell’ex Ospedale psichiatrico San Benedetto.

LA SALVAGUARDIA DELLA MEMORIA

 E’ necessario comunicare il valore storico delle preesistenze che sono spesso abbandonate a un destino di estraneità e inaccessibilità.

È necessario, di volta in volta, mentre il tempo corre, re-imparare a confrontarsi con il passato e valutare ciò che diventa testimonianza e ponte fra un prima e un dopo (ancor più in una città che ha molte falle all’interno della sua trama).

In tal senso, è importante avviare un progetto di recupero della casa colonica accanto all’arco del Miralfiore per dar vita ad un Museo storico del territorio (o Museo della Città) che testimoni la vita di Pesaro e delle terre attigue tra ‘800 e ‘900, uno spazio cioè dedicato alla “memoria del quotidiano”, che raccolga anche – prima che si disperdano in mercatini o nelle discariche – oggetti, documenti e testimonianze visive (foto e filmati) donati da singoli o da famiglie pesaresi: le nostre case sono piene di “valori” che possono raccontare ai giovani che non l’hanno vissuto il secolo ormai passato.76 Verso un’offerta culturale sostenibile

LA RIVALUTAZIONE DEL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO

Pesaro possiede un interessante patrimonio, sia in città sia nel territorio immediatamente circostante, che non ha ancora trovato la sua giusta valorizzazione: i mosaici della cattedrale e la domus romana di via dell’Abbondanza, l’area con la capanna picena e le mura romane in via Galligarie, l’antiquarium di Colombarone, la necropoli picena e l’acquedotto romano di Novilara, ma anche le ville Imperiale e Caprile, ecc. sono luoghi da riscoprire e da promuovere unitariamente, anche all’interno di in un percorso mirato di turismo di qualità.

Le modalità sinora messe in atto hanno trascurato sia la ricaduta sociale che la sussidiarietà dei singoli e delle associazioni nel conservare, conoscere e raccontare il nostro patrimonio culturale.

Sarebbe quindi opportuno che l’amministrazione comunale potenziasse non solo il sostegno alle iniziative già in atto e alle associazioni operanti nel settore (in campo turistico ed educativo) ma che si facesse, ulteriormente, promotrice:

  • Verso le scuole di proposte atte ad una maggiore fruizione di tale patrimonio, pensando, anche, per esempio alla possibilità di utilizzare quegli “spazi”, a rotazione, come aule alternative, rispetto alle classiche
  • Verso i singoli cittadini con l’ideazione di percorsi “alla scoperta di”, a prezzo popolare, che diventino una reale e costante proposta dal forte impatto opzionale nei confronti di attrattive effimere e dallo scarsissimo valore culturale

TORNA SU


Verso una SOSTENIBILITA’ DELL’AZIONE DI GOVERNO DEL TERRITORIO

Il governo del territorio comprende l’urbanistica e l’edilizia, riguarda la governabilità del sistema e la partecipazione delle persone e, sulla scia di quanto riconosciuto dalla ”Convenzione Europea del Paesaggio” considera quest’ultimo un “bene comune” attestandone l’unicità e il valore inestimabile soltanto l’uso corretto, la tutela, la riqualificazione e la valorizzazione del paesaggio possono garantire il “benessere durevole” di tutti gli esseri viventi, come pure la conservazione del patrimonio naturale (ecosistemi e biodiversità)

PARTECIPAZIONE

La partecipazione, reale e non solo dichiarata, delle comunità locali alle scelte di governo del territorio, deve costituirne un punto qualificante. Una partecipazione da rendere obbligatoria, effettiva e strutturata attraverso la codificazione di metodologie in parte già sperimentate con successo o in fase di sperimentazione in alcune regioni italiane (vedi in particolare la legge della Toscana del 20 dicembre 2007) e soprattutto in paesi europei dove sono ormai consolidati metodi avanzati di urbanistica partecipata.

 Il concetto di partecipazione presuppone un accesso tempestivo, agevole e trasparente alle informazioni relative ai piani e ai progetti presentati e una campagna d’ascolto come primo passo verso la costruzione del percorso nella quale i soggetti vengono invitati ad esprimere le proprie aspettative rispetto al futuro del territorio, ad elencare nodi irrisolti, istanze aperte e, oltre ai punti di forza su cui fare leva, anche i punti critici che l’azione di pianificazione dovrà poi affrontare e risolvere.

PIANO STRATEGICO DI SVILUPPO LOCALE SOSTENIBILE E PIANI INTERCOMUNALI

Emerge la necessità che Pesaro, insieme agli altri Comuni, costruisca un Piano Strategico di Sviluppo Locale Sostenibile partecipato e condiviso in cui si affermi ed emerga il senso di appartenenza a una società locale dove il locale non è il “localismo” (la pesaresità) ma il luogo, lo spazio di produzione e fruizione collettiva di beni comuni.

Centrale in quest’impostazione è la riflessione sulla crisi produttiva del distretto pesarese che sta trasformando le aree industriali in una moltiplicazione di “vuoti“ con effetti devastanti sul territorio e sulla sua impronta ecologica, già fortemente compromessa.

In questo senso il comune di Pesaro deve farsi promotore e capofila di un tavolo partecipativo tra parti sociali, istituzioni locali e Regione per un utilizzo strategico ed efficace delle risorse europee per lo sviluppo locale.

Il ruolo guida del Comune nell’attivazione di un processo di sviluppo locale sostenibile è fondamentale per affermare un ruolo di governo e non di semplice amministrazione dei processi di trasformazione della città e del suo territorio.

Occorre una strategia complessiva per non rischiare di operare in modo dannoso per la città e la comunità.

Occorre ripensare alla pianificazione intercomunale per ambiti individuando i temi di valenza territoriale (mobilità, energia, servizi, impianti e attività strategiche, gestione dei fiumi e delle risorse idriche, tutela delle aree naturali, ecc.) che necessitano di una programmazione concertata e per questi deve essere attivata una pianificazione strutturale intercomunale.

Il piano Territoriale di Coordinamento sarebbe stato uno strumento utile per una “progettazione concertata a livello interistituzionale con l’obiettivo primario di riqualificazione urbanistica ed ambientale” ma la limitazione di competenze delle Province ha disperso un patrimonio che ora è necessario sia recuperato da parte del Comune capoluogo.

Per procedere verso una pianificazione intercomunale occorre:

  • Prevedere delle azioni utili a omogeneizzare le norme tecniche di attuazione dei P.R.G. dei vari Comuni
  • Uniformare i regolamenti edilizi comunali (un passo avanti significativo è stato fatto con l’entrata in vigore delle definizioni uniformi e la Legge regionale n. 8/2018)
  • Coordinare le scelte urbanistiche più significative
  • Mettere in sinergia previsioni e linee di sviluppo
  • Costituire un ufficio di pianificazione territoriale intercomunale

TORNA SU


Verso una SOSTENIBILITA’ DEL SISTEMA SOCIALE TERRITORIALE

EDILIZIA POPOLARE E SOCIAL HOUSING

Il Comune di Pesaro soffre di uno stato di grave precarietà abitativa, dovuto a cambiamenti demografici – come l’allungamento della vita media, l’aumento di famiglie con un sempre minor numero di componenti, i flussi migratori – abbinati ad una sempre maggior precarietà lavorativa e quindi ad una riduzione delle garanzie necessarie all’acquisto od anche solo alla locazione di un alloggio, compensate solo in minima parte da una riduzione del costo degli stessi.

Tutto ciò è testimoniato in maniera evidente da una crescente difficoltà nell’accesso alla casa e da un numero di sfratti per morosità alquanto elevato.

Questo problema non lascia immuni neanche le fasce meno deboli, data la scarsità sul mercato di alloggi disponibili a prezzi sostenibili, nonostante la presenza di molti immobili sfitti. La situazione sarà ancora più drammatica al termine dell’emergenza COVID, quando terminerà la moratoria sugli sfratti e sui licenziamenti.

Di fronte a questa situazione il sostegno che arriva dal governo nazionale e regionale non è sufficiente.

Occorre, quindi, esplorare, a livello comunale, tutte le altre strade percorribili:

  • Attivazione di progettualità atte ad intercettare fondi statali e regionali – come il Fondo nazionale di sostegno all’accesso del mercato delle locazioni o il Fondo inquilini morosi incolpevoli – garantendo che tali fondi non siano mai distribuiti a pioggia, nè spostati su altre aree. Impieghi possibili, sotto la supervisione dei Servizi Sociali, possono essere i ristori per i proprietari che rinuncino ai provvedimenti di sfratto o l’accantonamento per assicurare il versamento di depositi cauzionali per la stipula di nuovi contratti a canone concordato o ancora incentivi ai proprietari per favorire la locazione anche a soggetti che non siano più in possesso dei requisiti di accesso all’edilizia residenziale pubblica
  • Implementazione del fondo di solidarietà del Comune per le povertà e la morosità incolpevole e possibile costituzione di un fondo a garanzia degli affitti per ISEE bassi; le risorse aggiuntive possono provenire da un confronto cone aziende partecipate locali (es. MMS) , sia per rinforzare i propri fondi sulla morosità, scongiurando sempre i distacchi delle utenze, e garantendo una fornitura minima, sia per rimodulare ed abbassare le tariffe (es. Pesaro ha il costo dell’acqua tra i più alti in Italia), reinvestendo i lauti utili delle stesse, e non solo monetizzandoli; è possibile inoltre reperire risorse rinforzando sia i controlli sugli affitti in nero, che rappresentano una parte notevole del mercato, recuperando base imponibile, sia sulla concessione dei contributi comunali, ove spesso il semplice ISEE non è sufficiente a rappresentare condizione di necessità
  • Informazione adeguata su ogni tipo di sussidio e sostegno a disposizione della popolazione del territorio, che spesso non ne viene a conoscenza, se non si rivolge ai Servizi Sociali
  • Aumento dell’offerta di alloggi a canone ribassato, favorendo l’utilizzo di vari strumenti per incentivare l’Edilizia Privata Sociale (come ad esempio il FIA, Fondo Investimenti per l’Abitare, che opera con il concorso di risorse pubbliche e di capitale privato, per incrementare l’offerta di alloggi sociali). Allo stesso scopo, si possono esplorare le possibilità offerte dallo Sblocca-Italia per il riacquisto di immobili inutilizzati del demanio civile e militare (da destinarsi ad edilizia popolare) e di alloggi pignorati dalle banche (ad un valore notevolmente più basso rispetto al prezzo di mercato)
  • Rilancio delle politiche abitative basate sul recupero e riuso del patrimonio immobiliare inutilizzato, che rappresenta una possibile risposta concreta al disagio abitativo ed al contempo un contrasto ai cambiamenti climatici. E’ opportuno effettuare una mappatura degli immobili pubblici inutilizzati, ed avviare su quelli fuori mercato un recupero degli stessi, da destinare a residenza sociale, con possibilità di acquisire anche immobili privati inutilizzati (vedi Comune di Terre Roveresche)
  • Prevedere incentivi, anche urbanistici, per favorire l’edilizia residenziale sociale ed il social housing: ad esempio concedendo varianti per cambio di destinazione d’uso, solo su terreni già edificati, da riservare alla vendita a prezzo calmierato o locazione con riscatto, o ancora prevedendo agevolazioni a cooperative edilizie
  • Intervento sulla leva fiscale, concedendo una tassazione agevolata al massimo, con varie premialità, per chi affitta a canoni sociali, imponendo di converso aliquote massime sugli immobili sfitti; si può prevedere inoltre la rinegoziazione, in aree specifiche, dei contratti già esistenti mediando con i proprietari
  • Adozione di un approccio integrato al tema del fabbisogno abitativo che consideri sia gli aspetti immobiliari che quelli sociali; è possibile pensare anche a programmi di accompagnamento e di facilitazione alla convivenza, con la supervisione dei Servizi Sociali, ad esempio inserendo soggetti giovani, italiani od immigrati, con una condizione lavorativa stabile, accanto ad anziani solo parzialmente auto-sufficienti, od a locatari morosi, con disponibilità però di una sistemazione alloggiativa da condividere
  • Elaborazione di un piano per le emergenze abitative che, incrementando l’offerta attuale del tutto insufficiente, progetti, con la supervisione di un gestore sociale, ulteriori forme di alloggio temporaneo (max 6 mesi), reperendole sul mercato immobiliare e/o stipulando convenzioni con alberghi, pensioni e residenze private inutilizzate; tali soluzioni sarebbero fondamentali per chi è vittima di sfratto, di crisi familiari, ma anche per tutti quei soggetti che si ritrovano senza garanzie sufficienti per ottenere un’abitazione in locazione o che sono in attesa di trovarla

WELFARE GENERATIVO E COMUNITA’ EDUCANTE

Per una buona gestione del welfare, specialmente durante e dopo periodi di crisi, è fondamentale adottare una visione d’insieme, che veda le politiche sociali non solo appiattirsi sulla gestione dell’emergenza e della sofferenza, e quindi sull’assistenzialismo, ma farsi promotrici del benessere e della prevenzione del disagio, integrando e mettendo a sistema l’offerta di un habitat di vita sano, capace di offrire, anche, spazi adeguati alle diverse età, al lavoro, alla formazione, alla cultura e alla conoscenza.

Una visione d’insieme che si sviluppi anche attraverso il coinvolgimento delle diverse parti sociali, al fine di responsabilizzarle e coinvolgerle in una gestione collettiva per produrre insieme una comunità cosciente fornita di valide reti di supporto, alle quali dare centralità.

Alle politiche sociali tradizionali va affiancato un vero welfare territoriale e partecipativo, che si snodi sui vari livelli amministrativi, dalla Regione alla città, passando per gli Ambiti Territoriali Sociali, fino al livello dei quartieri cittadini, rispondendo a quanto stabilito dalla legge 328 del 2000, vero cardine per la realizzazione di un sistema integrato ed efficace di interventi sociali.

In questa ottica il Comune dovrebbe:

  • Coinvolgere e cooperare con le strutture sanitarie, con gli altri enti locali e con il privato sociale, le associazioni dei cittadini, le realtà del volontariato e della chiesa, a partire dall’ascolto delle stesse, dalla concertazione, fino alla progettazione ed anche alla possibile co-gestione
  • Ridare quindi centralità operativa ai Piani di Zona ed agli Ambiti (ATS), che sono stati nel tempo depotenziati, mentre dovrebbero definire i livelli essenziali dei servizi sociali e, quindi, le azioni e gli obiettivi d’intervento, perchè è importante ragionare su un livello territoriale anche sovra-comunale, ricercando sinergie tra le varie realtà, organizzate e non, del territorio, in particolare tramite i tavoli tematici sulle diverse aree di intervento (giovani, anziani, disabili, migranti ecc. ). Fondamentali sono le unità operative sociali e sanitarie (UOSeS) deputate ad organizzare il coordinamento a livello locale tra Distretto Sanitario ed Ambiti, per arrivare ad una presa in carico integrata del bisogno ed una continuità del percorso assistenziale
  • Rivalutare la dimensione dei Quartieri, per consentire un contatto più stretto alle realtà che li abitano, prevedendo per queste ultime tavoli d’ascolto e la possibilità, attraverso una sorta di “patto del consiglio di quartiere”, di essere direttamente coinvolte, insieme ai rappresentanti istituzionali, nella progettazione e nella gestione delle iniziative a loro indirizzate; in questo modo con una comunità più consapevole ed attenta, sarebbe possibile costruire anche un nuovo concetto di sicurezza sociale; sempre a questo livello sarebbe, inoltre, possibile introdurre la figura dell’infermiere di quartiere”, per favorire l’assistenza domiciliare ed una presa in carico vicina all’utenza
  • Contro il rischio di isolamento sociale, si potrebbero sperimentare varie forme di “abitare solidale”, inserite nel Piano Sociale dell’ Ambito, individuando risorse e spazi adeguati, come il Vicinato di Qualità, che integra risorse pubbliche e private, come il volontariato, ma sotto il controllo del pubblico; o come la “badante di condominio”, già sperimentata in vari Comuni, che diventa condivisa, nel tentativo di aggregare i bisogni all’interno dello stesso complesso abitativo per aumentare l’efficienza
  • Favorire lo scambio intergenerazionale affinché il patrimonio di conoscenze a disposizione delle comunità non sia disperso, ma valorizzato; si potranno proporre, nei vari quartieri, e con il sostegno di figure come l’educatore o il facilitatore di comunità, “Scuole e Laboratori dei Saperi”, presso le quali, mettendo in comunicazione gli anziani con i giovani, i primi potranno insegnare ad esempio semplici forme di artigianato, come anche l’uso e la riparazione di utensili, o fare da guide esperta della città, mentre i secondi potranno mettere a disposizione la sapienza tecnologica o una maggiore conoscenza delle lingue; un altro progetto potrebbe prevedere di destinare i terreni agricoli, che stanno sempre più tornando a disposizione dei Comuni, per farne orti urbani condivisi, dove gli anziani potrebbero insegnare ai giovani semplici tecniche di coltivazione, la cui produzione potrebbe sfociare anche in piccoli mercatini rionali, vivacizzati e gestiti dai più govani
  • Lavorare sulle comunità etniche, e sugli stranieri presenti sul territorio, mettendoli in comunicazione, tramite i consigli di quartiere, con le realtà organizzate locali, e promuovendo semplici attività di socializzazione – culturali, sportive, o culinarie – che, tramite la condivisione, il gioco, lo scambio di esperienze, possano rinforzare la conoscenza reciproca, diminuendo così la conflittualità sociale
  • Promuovere istituzioni come la banca del tempo – nella quale liberi cittadini mettono a disposizione non denaro, ma proprie Verso una sostenibilità del sistema sociale territoriale particolari capacità pratiche o intellettuali, misurabili in singole ore del proprio tempo – può rispondere in maniera stupefacente, con il giusto sostegno e promozione, sia all’esigenza di creare una comunità più coesa, tramite questa forma di mutuo-aiuto, sia al bisogno di fornire una piccola opportunità di sollievo economico a coloro che ne facciano richiesta; in questo senso anche lo studio di forme di “baratto amministrativo” (L. 164/2014) può costituire un’interessante opportunità

SANITA’ PUBBLICA E TERRITORIALE

Il Covid ha dimostrato come la salute sia un bene comune primario e universale che viene prima di qualunque altra cosa, un presidio fondamentale di diritti e uguaglianza e come i soggetti più fragili siano coloro che devono essere protetti di più. Anni di politiche di tagli e austerità hanno determinato gravi carenze nella medicina territoriale e forti riduzioni di posti letto e di personale.

E’ ormai evidente come sia necessario invertire la rotta, rilanciando e rafforzando la sanità pubblica attraverso la diffusione della prevenzione e la qualificazione dell’offerta ospedaliera che deve essere sempre più specializzata e deve poter contare su una rete di emergenza presente in tutto il territorio.

In particolare è prioritario che la ricostruzione della rete ospedaliera e della medicina territoriale si fondino su una vera “presa in carico del paziente e sulla continuità”.

Presa in carico del paziente e medicina territoriale

La persona deve essere al centro del sistema e ogni paziente deve essere seguito da un’équipe che lo sostiene, nella sua patologia e nella sua vita quotidiana.

Quando si manifesta una problematica di salute deve attivarsi in modo automatico la “presa in carico” con una continuità assistenziale che deve prevedere, per le varie tipologie:

  • Cure per le patologie “a maggior impatto sociale” (diabete, nefropatie, broncopatie, cardiopatie, patologia oncologica)
  • Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali individualizzati (PDTA)
  • Modalità di risposta organizzata tra i vari livelli territoriali ed ospedalieri
  • Massima integrazione socio-sanitaria
  • Uso delle nuove tecnologie informatiche

Vanno approntati progetti di prevenzione secondaria e terziaria per il mantenimento delle abilità psico-motorie (per es. per i disturbi cognitivi e le demenze), in particolare per l’anziano non ancora problematico, ripensando all’offerta dei setting assistenziali extraospedalieri, anche considerando che la popolazione è caratterizzata da medie di età sempre più alte, quindi invecchia e si cronicizza.

Bisogna restituire una funzione al medico di base, che deve essere formato adeguatamente per poter intervenire con competenza e professionalità e contemporaneamente va consolidato e reso più capillare il sistema delle USCA (Unità speciali di continuità assistenziali) e vanno rafforzati i distretti e l’assistenza domiciliare.

E’ fondamentale ridurre, oltre alle disparità sociali, anche le disuguaglianze territoriali, riconoscendo i servizi fondamentali nelle periferie ed nei territori delle aree interne.

Sistema ospedaliero e sanità territoriale

Un livello ospedaliero efficiente, per caratteristiche strutturali impiantistiche e tecnologiche, richiede un’organizzazione che risponda in modo efficace alla fase acuta e sub-acuta della malattia con una programmazione ed una rete di terapie intensive e sub-intensive strutturali e flessibili e con un numero adeguato di posti letto.

Va rivisto completamente il decreto Balduzzi perchè la riconversione dei piccoli ospedali in Case della Salute, ridefiniti poi “Ospedali di Comunità”, modulandosi su tre livelli (cure integrate per un massimo di 12 ore al giorno, o con residenzialità su 24 ore, o a media complessità), avrebbe dovuto offrire migliori risposte nella fase post-acuta ma tale riorganizzazione è rimasta incompleta, determinando confusione negli assistiti e lacune nella gestione.

Alle piccole strutture delle zone interne andrebbero riassegnate alcune delle funzioni soppresse come:

  • Riapertura del punto di primo intervento (PPI) ed il potenziamento della prestazioni d’urgenza
  • Posti letto di medicina per acuti di bassa e media complessità e lungodegenza, in dipendenza funzionale ed organizzativa dall’ospedale di riferimento
  • Posti letto di osservazione e daysurgery
  • Potenziamento della diagnostica per immagine e della specialistica

Le strutture residenziali e semiresidenziali (entrambe carenti dal punto di vista del fabbisogno complessivo rispetto ai posti accreditati e convenzionati) debbono essere ripensate soprattutto dal punto di vista dei requisiti autorizzativi, di accreditamento e convenzionamento, rafforzando il ruolo del pubblico, sia dal punto di vista gestionale che del controllo, rendendo esigibili gli standard assistenziali e le garanzie contrattuali per il personale e rivedendo anche le rette per gli utenti.

Occorre investire sul personale a tempo indeterminato, sulla sua formazione e sulla ricerca.

E’ fondamentale inoltre far pressione affinchè venga eliminato il numero chiuso quale accesso all’Università, soprattutto per la specialistica, per poter incrementare le unità infermieristiche e intervenire sulla prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro.

Nuovo Ospedale di Pesaro

Il progetto di rete ospedaliera per la costa Pesaro-Fano, previsto fino ad oggi, ha portato alla cancellazione dei livelli essenziali di assistenza nelle aree interne.

Se questa realtà non verrà modificata si rischia di impedire al nuovo ospedale di Pesaro di svolgere al meglio la sua funzione.

Pensiamo, proprio per questo, che un serio programma di edilizia sanitaria per la nostra regione, anche grazie alle enormi risorse che saranno a disposizione con i Fondi nazionali e con quanto previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in tema di ammodernamento e ristrutturazione della rete ospedaliera esistente, ospedali di comunità e case della salute, non possa prescindere dalla riapertura di una discussione pubblica e trasparente.

Una discussione che prioritariamente, va aperta con le conferenze dei sindaci, le forze sociali e le associazioni.

La costruzione di un nuovo ospedale di Pesaro deve essere realizzato esclusivamente attraverso fondi e appalti pubblici.

Nel caso dell’area di Muraglia, prima di definire un qualunque progetto, vanno esaminati con la massima attenzione i seri problemi idrogeologici esistenti, per non rischiare di costruire in una zona a forte pericolo di frane e smottamenti e i problemi legati alla viabilità.

Quella attuale, infatti, è assolutamente insufficiente per l’afflusso di mezzi che una struttura ospedaliera di grandi dimensioni richiamerebbe. Vanno valutati con la massima attenzione il danno ambientale derivato dalla costruzione di nuove arterie di collegamento e gli enormi disagi per la popolazione in termini di traffico ed inquinamento.

TORNA SU

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: